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giovedì 31 ottobre 2013

Intimidazioni

(fonte: http://perchiunquehacompreso.blogspot.it/2013/10/intimidazioni.html)


Ho ricevuto la mail seguente per conoscenza. Intimidazione? Minaccia velata?
Sappiano che dovranno fermarne migliaia e migliaia di italiani perché noi siamo solo la punta di un icerberg enorme che sta emergendo.

Grazie a chiunque divulgherà le informazioni.
Elia Menta


Da: Task Force Butler [tf_butler@email.it]
a: Gent. ma Polizia Postale - Sezione di Asti
e p.c.
Gent.ma Polizia Postale - Sezione di Imperia

la presente per informarvi che il Sig. Elia Menta, residente a Montegrosso D'Asti, email: perchiunquehacompreso@gmail.com, ha pubblicato su Youtube un video nel quale, con riferimento ad un sequestro compiuto dalla Polizia Postale di Imperia nei confronti del Sig. Rosario Marcianò, accusa pubblicamente la stessa Polizia Postale di aver compiuto il sequestro allo scopo di poter "infilare" nel materiale informatico sequestrato prove false.

Il video del Sig. Menta è visibile qui: http://www.youtube.com/watch?v=ehrV_Xafjz4

Comunico che, per ogni evenienza, ho provveduto a scaricare copia del video in questione che potrà esservi fornito dietro vostra semplice richiesta.

La presente per mettervi nelle condizioni di intraprendere qualsiasi iniziativa da voi ritenuta opportuna.

Distinti saluti.
 
 

Censurata la denuncia delle scie chimiche. Sequestrati i PC dei fratelli Marcianò

(fonte: http://scienzamarcia.blogspot.it/2013/10/censurata-la-denuncia-delle-scie.html)



(fonte video: youtube.com/user/ALBAMED)


Censurata la denuncia delle scie chimiche - sequestrati i PC e gli hard disk dei fratelli Marcianò gestori del sito tanker-enemy.

Fate girare questo video in maniera virale
http://www.youtube.com/watch?v=Cpsdmc7KIm4

che tutti sappiano

seguiranno aggiornamenti

Sulla vicenda repressiva nei confronti dei fratelli Marcianò vedi

http://straker-61.blogspot.it/2013/10/escalation.html



(fonte video: youtube.com/user/EsserciORA)


Fate capire alla gente che occorre darsi da fare il più in fretta possibile. 
Fate capire a chi "non crede alle scie chimiche" quello che sta realmente succedendo.

Pubblicate a valanga questo video su tutti i blog e i siti di vera informazione.

È tempo di agire

Domani sera si parlerà di scie chimiche su http://www.spreaker.com/page#!/user/4615618 LA LIBERA RADIO DEL WEB.


mercoledì 30 ottobre 2013

L’oceano Pacifico è morto. Il resoconto di una traversata fa il giro del mondo



L’oceano Pacifico è morto, è svuotato di ogni vita. Ci sono solo rifiuti e barche per la pesca industriale intente a saccheggiare accuratamente quel poco che è ancora rimasto.

Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen (foto), che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami.

Nessun animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e deigrossi detriti che sbattono contro la chiglia.

Il racconto di Ivan Macfadyen, vecchio marinaio col cuore spezzato dopo 28 giorni di desolata navigazione nel Pacifico, è stato raccolto dall’australiano The Newcastle Herald ed è stato variamente ripreso da decine e decine di testate, tutte in inglese.
Macfadyen ha navigato con il suo equipaggio a bordo del Funnel Web sulla rotta Melbourne - Osaka – San Francisco. Dice di aver percorso in lungo e in largo gli oceani per moltissimi anni, dice di aver sempre visto uccelli marini che pescavano o che si posavano sulla nave per riposarsi e farsi trasportare. E poi delfini, squali, pesci, tartarughe… Stavolta nulla di tutto ciò: nulla di vivo per oltre 3.000 miglia nautiche.
Unica apparizione, poco a Nord della Nuova Guinea, quella di una flotta per la pesca industriale accanto ad una barriera corallina. Volevano solo il tonno, tiravano e ributtavano in mare – morta – ogni altra creatura marina.

E poi la parte più allucinante del viaggio, quella dal Giappone alla California, costantemente accompagnata dalla gran quantità di rottami trascinati in mare dallo tsunami del 2011, quello che ha innescato la crisi di Fukushima.

Rottami, rottami grandi e piccoli ovunque: impossibile perfino accendere il motore. Rottami non solo in superficie ma anche sui fondali, come si vedeva chiaramente nelle acque cristalline delle Hawaii. E poi plastica, rifiuti di plastica dappertutto. 

Nel racconto di Ivan Macfadyen un solo elemento è direttamente riconducibile ai tre reattori nucleari in meltdown sulla costa giapponese: dice di aver raccolto campioni destinati ad essere esaminati per la radioattività e di aver compilato durante il viaggio questionari periodici in seguito a richieste provenienti dal mondo accademico statunitense.
Però non si può non pensare a Fukushima quando Macfadyen afferma che nelle acque del Giappone il Funnel Web ha perso il suo colore giallo brillante e quando dice che uno dei pochissimi esseri viventi incontrati dal Giappone alla California era una balena che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sul capo.
Sui social e nei commenti sul web si fa un gran parlare della relazione fra Fukishima e l’assenza di esseri viventi fra Giappone e California.

Io sottolineo tre elementi: primo, la sorgente di radioattività di Fukushima, sebbene molto intensa, paragonata alla vastità dell’oceano diventa come uno sputo in un fiume; secondo, nei dintorni di Fukushima e prima di diluirsi nella vastità dell’oceano la radioattività effettivamente si accumula nella catena alimentare e vi resterà per molti decenni; terzo, una desolazione vasta e assoluta come quella raccontata da Macfadyen si sposa benissimo con gli effetti della pesca industriale dissennata, senza bisogno alcuno di scomodare la radioattività i cui effetti sensibili – stando alle informazioni note – si limitano al tratto di mare davanti ad una parte delle coste giapponesi.

Il Pacifico è morto – si è rotto, per usare l’espressione di Macfadyen – e l’ha ucciso il genere umano, che sta al pianeta come una nuvola di cavallette sta ad un campo di grano. Macfadyen, racconta il The Newcastle Herald nel seguito della storia, non ha voluto rilasciare altre interviste dopo quella che ha fatto così tanto rumore. Desidera però che il mondo sia consapevole di quanto egli ha visto. Accontentiamolo.

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venerdì 11 ottobre 2013

Levitazione acustica: quando il potere del suono vince la gravità

(fonte video: youtube.com/user/orsobyanco)

(fonte dell'articolo: http://ununiverso.altervista.org/blog/levitazione-acustica-quando-il-potere-del-suono-vince-la-gravita-e-a-dimostrarlo-e-la-scienza-2/)





Fu Henry Kjellson, un'ingegnere svedese costruttore d’aeroplani, a raccontare nel libro “The lost techniques”,  la strabiliante esperienza del Dr Jale, il suo amico svedese che, avendo il privilegio di soggiornare in un lamastero tibetano, riuscì a documentare e filmare come i monaci riuscissero a sollevare massi pesantissimi e a spostarli a 250 metri d’altezza, utilizzando unicamente la levitazione acustica.

Vide con i suoi occhi un fenomeno che per le leggi fisiche del tempo non poteva esistere: col solo suono di tamburi e trombe, i monaci riuscivano a sollevare grosse pietre di pesi differenti dal suolo che, arrivate  a 250 metri più in alto, con l’aiuto di alcuni yachs, venivano poi ricevute e sistemate da altri monaci. Evidentemente essi hanno sfruttato un’enorme fonte di energia sconosciuta, ma la scienza ufficiale tolse di mezzo i filmati che furono ufficialmente confiscati e secretati dalla società inglese per cui l’uomo lavorava e ancora oggi sembrano essersi volatilizzati.
Ma i tibetani non furono gli unici a conoscere anticamente la levitazione acustica: secondo alcune leggende arabe giunte sino a noi, gli antici Egizi facevano volare pietre spostandole con la sola forza del pensiero e con il suono, lasciando così intendere che avrebbero potuto usare questo sistema per la costruzione di piramidi.
D’altra parte, i sacerdoti egizi erano depositari delle “Parole del Potere”, insegnate dal dio Thot: se le parole venivano pronunciate correttamente, producevano un modello tridimensionale in risonanza con l’Etere, generando l’effetto desiderato o un’energia.
Forse la più interessante testimonianza della levitazione è ancora oggi presente nel villaggio indiano di Shivapur: nel cortile collocato all’esterno della moschea dedicata al Santo Sufi Qamar Alì Dervish c’è una pietra cilindrica di oltre 60 kg ed ogni giorno, durante la preghiera, 11 fedeli la circondano mettendosi a ripetere il nome del Santo, fino a raggiungere una certa intensità acustica: a quel punto gli 11 uomini sollevano la pietra, utilizzando un solo dito ciascuno e, terminata la litania, fanno un rapido balzo all’indietro, per evitare di restar schiacciati dalla caduta a peso morto di essa.
Come non citare Walter Russel, che nel trentunesimo capitolo del libro “A new concept of the Universe” spiega che l’Universo consiste interamente di onde in movimento e che qualunque teoria che non sia in grado di trovare un appropriato posto all’interno dell’onda, a causa di ciò non ha nessun altra collocazione  all’interno della Natura.
Parole sicure, dure, ma possono resistere indenni ad un esame? Dal lavoro di John Keeky siamo portati a credere sia davvero così.
Keely trascorse tutta la sua vita a studiare la forza cosmica misteriosa liberata dai suoi apparecchi, convinto che le vibrazioni del Cosmo producessero una forma di musica le cui ottave, opportunamente accordate, potessero liberare un’energia inesauribile.
Nell’Universo, dagli atomi alle galassie, tutto si trova in uno stato particolare di vibrazione.
Anche ogni singola parte del nostro corpo ha una vibrazione che deve essere armoniosa per  mantenerlo in salute; e le malattie si instaurano se viene alterata la frequenza vibratoria,naturalmente perfetta, di organi, tessuti e cellule che compongono il nostro corpo.
In questo sistema perfetto, i suoni hanno un ruolo fondamentale nel corpo umano e in tutto il Cosmo: se una vibrazione può far ammalare o guarire, ma anche rompere un vetro, probabilmente può anche sollevare un peso.
I suoi arcani meccanismi, dotati di sfere metalliche composte da oro, argento e platino, corni in ottone, canne d’organo e fili, furono fatti funzionare sotto lo sguardo attonito di numerosi spettatori e studiati senza successo dai suoi contemporanei, che volevano ad ogni costo smascherare la frode dello scienziato.
L’enigma sotteso a secolari ricerche pare essersi quasi risolto.
Sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, è stato descritto un nuovo metodo di levitazione acustica in movimento, sviluppato da un team di ricercatori del Politecnico di Zurigo, capeggiato dall’italiano Daniele Foresti.
Come egli stesso spiega, la levitazione acustica, ossia l’utilizzo di onde sonore per mantenere in aria piccoli oggetti, esisteva già da diversi decenni, ma si trattava di una levitazione statica, in cui gli oggetti vengono mantenuti in equilibro in un certo punto. Per farlo si sfrutta la pressione esercitata dalle onde acustiche e, variandone opportunamente l’intensità e la frequenza, in questo caso infrasuoni, è possibile far ‘galleggiare’ qualsiasi tipo di piccoli oggetti, anche liquidi.

Il ventinovenne ricercatore italiano, invece, nell’ambito del conseguimento del dottorato in Svizzera, ha avuto la sensazionale idea di utilizzare tanti levitatori, disponendoli uno accanto all’altro, per capire come far passare la ‘palla’ da uno all’altro e guidare così il movimento di un oggetto.
Proprio come in una chitarra, dove la forma fa praticamente tutto, poiché mantiene il controllo delle onde e la risonanza, il segreto del primo levitatore al mondo in grado di manipolare e muovere più oggetti contemporaneamente sta tutto nella sua geometria.
In cosa consiste nel dettaglio il suo metodo di levitazione acustica? Sfruttando le proprietà del suono, è possibile manipolare piccole quantità di oggetti solidi o muovere piccole quantità di liquidi, senza alcun tipo di contatto con altri strumenti, quindi evitando interazioni o contaminazioni.
Forza di gravità e tocco provocano deformazioni nei materiali che, seppur minime, possono compromettere la perfetta reazione chimica tra due liquidi o altri tipi di sostanze.
Lo strumento, messo a punto nei laboratori svizzeri, permette di muovere oggetti con una sezione fino a 7 millimetri, senza limiti di lunghezza ed è utilizzabile su qualsiasi tipo di materiale. Il levitatore può muovere gocce di leghe metalliche fuse, che possono essere mescolate insieme per formare nuovi materiali oppure per l’incapsulamento del solido-liquido. Alcuni esperimenti sono stati anche di tipo biologico, dimostrando i vantaggi della levitazione anche per la trasfezione del Dna, ossia inserendo parti di Dna all’interno delle cellule ed evitando alcune delle problematiche che insorgono con le tecniche tradizionali, con potenziali applicazioni  in campo chimico e farmaceutico.

Scienza, fisica, musica e medicina sono pertanto termini inscindibili e costantementi interconnessi.




mercoledì 9 ottobre 2013

A.A.A. cercasi nuovo ossimoro: "l'onnivoro etico"




L'industria della carne e dello sfruttamento animale è costantemente alla ricerca di nuove astuzie verbali per abbellire le mura esterne dei mattatoi.

E così, accanto alla più meno sottile denigrazione di chi ha scelto di non uccidere gli animali per mangiarli (vegefobia), spuntano come funghi le espressioni più curiose e - inconsapevolmente? - contraddittorie. "Macellazione compassionevole", "benessere animale", "allevamenti sostenibili"... 

La più recente è stata introdotta in un articolo di Vanity Fair che cerca di magnificare il piacere di mangiare bistecche e, a quanto pare, anche quello di disprezzare i vegetariani (senza lesinare sullo spazio riservato a pubblicizzarei  macellai).

Si tratta di una nuova figura di consumatore alimentare: l'"Onnivoro etico".

Che cosa sono gli "Onnivori etici" (con la "o" maiuscola)?

Secondo l'articolo, sono "coloro mangiano carne in modo moderato, ma soprattutto 'giusto'. Benessere animale, rispetto delle risorse naturali, una dieta sana e varia, scelta del prodotto a Km Zero a 360°". 

Le parole sono importanti.
Gli animali, invece, sembra proprio di no.

martedì 8 ottobre 2013

Vaccini contaminati

Relativamente alle ricerche sui vaccini effettuate dal Dott. Stefano Montanari e dalla moglie Dott.ssa Antonietta M. Gatti, di seguito riporto una video intervista che riassume la situazione.

Più sotto invece è possibile leggere l'articolo tratto da Movimento Revolution.

Inoltre in fondo a questo post è possibile accedere ad altri articoli correlati.


Video intervista al Dott. Stefano Montanari


fonte video: youtube.com/user/maxvilno

 
Articolo tratto da Movimento Revolution
(fonte: http://www.movimentorevolution.it/?p=1238)

La dottoressa Antonietta M. Gatti andrà a ritirarlo in Cina, a Chengdu, l’importante riconoscimento assegnatole della International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering. Se in Italia lei e il marito Stefano Montanari si sono visti creare un inspiegabile cordone sanitario intorno alle loro ricerche sulle nanopatologie, gli scienziati di mezzo mondo (sia dell’UE che da Canada, USA, Cina, Giappone, Corea, India, Australia) hanno deciso di premiare il suo contributo nel campo delle Scienze dei Biomateriali e di Ingegneria nominandola Fellow dello IUSBSE (fonte: http://www.affaritaliani.it/emilia-romagna/nanoparticelle-premio-internazionale-il-duo-gatti-montanari-ai-vertici040612.html).

I due scienziati sono stati ritenuti fra i 32 scienziati più importanti al mondo, questo articolo è molto delicato, l’intervista al Dott. Stefano Montanari rivelerà fatti sconvolgenti.

Se lo si sa fare, una delle tecniche per ottenere successo è spararle grosse. Ma talmente grosse da far pensare che nessuno direbbe enormità del genere se non esistesse un fondamento. E quel fondamento è talmente profondo – dove l’aggettivo profondo significa sia arcano sia culturalmente ineccepibile, ma talmente complesso da essere appannaggio solo di pochi – che lo si prende per scontato come atto di fede.

I vaccini costituiscono una fetta importante nel business delle aziende farmaceutiche, il che significa muovere quantità di denaro impensabili per l’Uomo Qualunque, e questo giustifica il ricorso alla tecnica di cui sopra. Così, vaccini santi per molti, diavoli per pochi. Informazione in proposito? Poca. Anzi, pochissima.

Ma, al di là di discussioni di parte, che cosa sappiamo dei vaccini?

Sappiamo che, come tutti i farmaci, i vaccini non arrivano a bersaglio nella totalità dei casi. Anzi, a volte il conteggio dei bersagli centrati è più legato ai criteri di giudizio adottati che non ad una fredda oggettività. E che una vaccinazione sia meno efficace nel proteggere dalla malattia di quanto non sia l’aver contratto naturalmente la malattia stessa divenendone poi davvero immuni è provato dalla necessità di sottoporsi ai cosiddetti richiami e da chi si ammala a dispetto della vaccinazione eseguita.

Sappiamo pure che l’immunità parziale verso alcune malattie come, ad esempio, il morbillo, che veniva trasmessa da madre a figlio non esiste più se la madre non ha contratto naturalmente a sua volta la patologia ma per la patologia è stata vaccinata.

Ancora – ed è scritto nei vecchi testi d’immunologia – sappiamo che un vaccino non può essere efficace se lo si somministra ad un neonato, questo semplicemente perché il suo sistema immunitario è ancora immaturo e, perciò, è incapace di fare ciò che gli si chiede. Se poi, in aggiunta, di vaccini gli se ne iniettano sei in un colpo solo come, pur illegalmente, si fa in Italia, qualche perplessità ulteriore non può che sorgere. La stessa perplessità vale anche per le vaccinazioni praticate ai militari: una caterva a raffiche e, per di più – ma come, peraltro, è prassi comune – senza che nessuno si accerti della capacità di quell’organismo particolare di tollerare quella particolare sorta di bombardamento. Il paziente è già immune ad una o ad alcune di quelle malattie? Al momento delle vaccinazioni è nelle condizioni di reagire senza danni? Ha problemi di allergia nei riguardi di uno o più componenti di quei farmaci? È informato, come prevede la legge, di ciò che sta subendo? Pare che nessuno si ponga nemmeno le domande, e di domande ce ne sarebbe pure una certa lista ulteriore.

Proseguendo, sappiamo che quasi non passa giorno senza che un vaccino nuovo sia messo in commercio. Ormai restano da coprire solo patologie come l’erre moscia e l’alitosi, perché le industrie si sono scatenate ad inventare immunizzazioni contro qualunque affezione, grave o lieve che sia, vera o frutto di fantasia. Lungi da me l’intenzione di criticare la pena che si prende Big Pharma per non farci ammalare più, ma la buona pratica farmacologica impone tempi di sperimentazione, popolazioni cavia e popolazioni di confronto che poco o nulla hanno a che fare con quanto è l’uso corrente. Per rendersi conto se un vaccino possiede davvero qualche efficacia occorre lavorare per molti anni, spesso decenni, su un numero molto elevato di persone, e questo oggi non si fa perché l’esigenza aziendale è quella di far rendere in fretta il prodotto. Purtroppo, però, i tempi biologici non tengono conto delle esigenze di business e, dunque, quasi nessuno tra i vaccini recenti può pretendere una qualunque credibilità. E ho scritto “quasi” per buonismo.

È opinione corrente e radicata che la pratica vaccinale abbia debellato o, quanto meno, ridotto di parecchio l’incidenza di molte malattie. In realtà, andando a consultare le statistiche nel tempo di morbosità e di mortalità, cioè il rapporto tra i soggetti ammalati o, rispettivamente, morti di una determinata malattia e quelli sani in una popolazione, si vede che la diminuzione della frequenza con cui ci si ammalava o si moriva era in calo ben prima che venisse introdotto il vaccino specifico e l’introduzione non dimostra alcuna particolare incidenza. In alcuni casi l’introduzione del vaccino coincide addirittura con un rallentamento nel calo della frequenza della morbosità e della mortalità. Di fatto l’andamento di quelle patologie pare dipendere dalle condizioni igieniche (in ogni senso) e non da altro.

Come è per tutti i medicinali, anche i vaccini devono assumere una forma farmaceutica. Devono, cioè, essere nelle condizioni di agire con efficacia ma anche di avere una vita di scaffale sufficientemente lunga. Insomma, devono scadere il più tardi possibile per ovvi motivi pratici ed economici. Così al principio attivo si aggiunge un po’ di tutto, dai cosiddetti adiuvanti, vale a dire sostanze che “vivacizzano” la risposta immunitaria, a sostanze che rendono relativamente stabile e duraturo il prodotto. Oltre a queste, il vaccino contiene non pochi residui della lavorazione, residui che possono essere spezzoni di DNA, frazioni di sangue, cellule, proteine e quant’altro.

Degli effetti di ciò che viene aggiunto o di quanto resta nel farmaco sappiamo ben poco. Anzi, a dire il vero, non sappiamo quasi nulla. S’incrociano le dita e si spera di non fare guai vistosi. A questo proposito vorrei ricordare a tutti e, soprattutto, mi permetto di farlo ai pochissimi medici che, eventualmente, mi leggono, che tutti i farmaci, nessuno escluso, hanno effetti collaterali noti. Per essere ancora più chiaro, tutti i farmaci sono, in grado differente, notoriamente tossici e, per questo, la loro somministrazione deve essere effettuata solo quando la necessità sia reale. Troppo spesso sia i medici sia i pazienti dimenticano che ogni essere vivente possiede una proprietà chiamata omeostasi grazie alla quale questo tende a riportarsi naturalmente in stato di benessere, con ciò dando tanti punti a moltissimi medicinali. Si tenga sempre presente il fatto, poi, che l’Uomo, il più complesso tra tutti gli esseri viventi, ha un grado di complessità talmente elevato da essere il meno pronosticabile tra tutti gli animali quanto a reazioni nei confronti di ciò che gli s’introduce nell’organismo. Da qui le allergie, le sensibilizzazioni, gli effetti paradossi e tutto ciò che esce apparentemente dai binari e che ogni medico non può non avere sperimentato nella sua carriera. Se, poi, s’introducono nella chimica complicatissima e in gran parte sconosciuta dell’organismo contemporaneamente più sostanze, ecco che gli effetti delle interazioni diventano un vero terno al lotto. Insomma, un po’ di prudenza e il sostituire con scienza e buon senso un più o meno cosciente “io speriamo che me la cavo” ai protocolli “universali” che trascurano le evidenti differenze tra soggetto e soggetto non guasterebbe.

Consultando la letteratura “scientifica” (e le virgolette sono tristemente d’obbligo) che corre intorno ai vaccini, si deve per forza notare come nella quasi totalità dei casi le “ricerche” (virgolette) siano pagate in modo più o meno aperto dai produttori. Di fatto un conflitto d’interessi che invalida alla radice tutto quanto quella letteratura sostiene o, per lo meno, ne pone in forte dubbio la sostenibilità. Per di più risulta curioso che non esistano rapporti credibili non solo sull’efficacia nel tempo (quel tempo che non viene concesso) ma anche sugli effetti collaterali che i vaccini, alla stregua di qualunque farmaco, non possono non avere. Alla base del problema sta il fatto che gli enti di ricerca indipendenti sono ormai al lumicino, e chi vuole sopravvivere si prostituisce generando pubblicazioni su dati falsi e abbondantemente censurati. Questo dato di fatto accomuna i vaccini a un’infinità di altri argomenti non solo d’interesse sanitario e il risultato è che oggi, quando la scienza dovrebbe aver raggiunto altezze mai toccate prima, siamo riprecipitati in una sorta di Medio Evo che si regge sulla credulità popolare. Malauguratamente, la soverchiante maggioranza degli operatori sanitari è immersa pienamente in questa situazione di acriticità e d’ignoranza, e di questo pagheremo sempre di più lo scotto.

A questo punto non posso non ricordare come nel laboratorio che dirigo (inserito dalla CE tra le cento proposte di punta dell’intera Comunità) siano stati analizzati 24 vaccini con la tecnica che abbiamo messo a punto negli anni e che è validata da due progetti di ricerca europei. Di quei 24 vaccini, tutti diversi tra loro, 24 sono risultati inquinati da micro e nanoparticelle solide, inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili: il 100%. Ebbene, questo dato che rappresenta potenzialmente un’arma formidabile per tutti i gruppi che, in qualche modo, si oppongono alla pratica vaccinale o tout court o per le modalità, quasi sempre addirittura fuori legge, con cui la pratica viene svolta, è del tutto trascurato.

Spero mi si perdoni se avanzo, allora, qualche dubbio a proposito della volontà effettiva di quei gruppi di far valere le proprie ragioni. Non è a chiacchiere, a bisticci, ad insulti, a ridicolizzazioni che si può chiarire una situazione oggettivamente traboccante di elementi che non possono non destare sospetto e preoccupazione. Se si vuole in qualche modo fermare o almeno regolamentare scientificamente il business dei vaccini razionalizzandolo, bisogna usare argomenti inoppugnabili. Altrimenti, da popolo bue come siamo, temo a ragione, trattati, si resterà sempre un boccone prelibato per chi dispone di un argomento convincente come il fiume di denaro che sgorga da Big Pharma e che, raggiungendo tutte le mete ”giuste”, alimenta una cultura medica, salvo eccezioni, priva di scientificità, una credulità popolare e un’accoglienza politica indispensabili perché i bilanci societari continuino a dare soddisfazione.

Sia chiaro: io chiedo solo di vederci chiaro e, a tutt’oggi, di chiarezza non ce n’è affatto. Basta vedere il comportamento dell’Istituto superiore di sanità, l’ente pubblico di cui siamo costretti a fidarci se non altro perché lo paghiamo, per rendersi conto della situazione in cui siamo.

Non ci sono molte parole per definire questo fatto, la domanda più ovvia è: per quale motivo nessuno denuncia il Dott. Stefano Montanari? Se queste informazioni non sono vere qualcuno dovrebbe prendere provvedimenti non credete?

La nostra unica salvezza è la diffusione di informazioni, dai il tuo piccolo contributo.

Staff
Movimentorevolution

 
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domenica 6 ottobre 2013

Come sono guarita dalla fibromialgia e MCS (Sindrome della Sensibilità Chimica Multipla)

 
Testimonianza di Gabriella Fasone

La mia storia, per non dire il mio incubo, è iniziato circa 5 anni fa, quando mi fu fatta una estrazione di una amalgama dentaria contenente mercurio e altri metalli pesanti.
L’incauto e ignorante dentista, senza alcuna protezione per lui e per me, durante la rimozione scorretta, maldestramente, mi fece ingoiare un frammento di amalgama.
Da quel giorno iniziai a manifestare i sintomi classici dell'intossicazione acuta da mercurio.
Per oltre un mese e mezzo sono stata costretta a letto, avvitandomi su me stessa per i forti dolori in zona toracica antero-posteriore, quasi non riuscivo a respirare, pensando addirittura che fosse arrivata la mia ora...

All'epoca non avevo alcuna consapevolezza della reale pericolosità del mercurio, e in particolare di quello contenuto nelle otturazioni dentarie. Il mercurio è uno dei metalli pesanti più pericolosi per la salute umana.
Dopo essere stata rivoltata come un calzino da più di un medico, aver effettuato ben 3 risonanze magnetiche che non evidenziavano nulla di anormale, da una serie di radiografie finalmente qualcuno cominciò a "notare" delle protrusioni vertebrali, e dopo essere stata sottoposta a tutta la terapia farmacologica di rito per combattere il forte dolore e l'infiammazione, cominciai a soffrire della cosiddetta fibromialgia e stanchezza cronica.

Ormai da molto tempo soffrivo di svariate intolleranze alimentari che in quell'occasione però divennero ancora più gravi, in special modo alla frutta e a tutti i prodotti contenenti nichel e grassi vegetali idrogenati.
La mia alimentazione fino a quel periodo della mia vita era come quella di molte persone, e cioè basata sulle proteine animali: prosciutti e formaggi, niente frutta e naturalmente pochissima verdura cruda.
Ho dovuto toccare il fondo per redimermi e comprendere che così non potevo andare avanti: piangevo ogni giorno e non nego che speravo anche di morire.

Un giorno grazie ad un test sulle intolleranze alimentari, compresi che il mio organismo era in totale repulsione per qualsiasi sostanza chimica e sintetica.
Decisi quindi di mettere in pratica gli apprezzabili consigli della dottoressa omeopata che mi seguiva all'epoca, e cominciai ad avere dei netti miglioramenti, con perdita di peso consistente e riduzione anche dei forti spasmi muscolari in tutto il corpo, tipici della fibromialgia.
Timidamente cominciai a mangiare frutta biologica e verdura.

Ma il grande cambiamento è avvenuto un giorno, quando il destino mi fece incontrare lo straordinario libro: “La Medicina naturale alla portata di tutti”, del grande Manuel Lezaeta Acharan.
Seguendo i consigli dell’igienista cileno, cominciai a praticare ogni giorno le frizioni (spugnature della pelle con acqua fredda) e il lavaggio del sangue tramite saune.
Da anni soffrivo di una dermatite eczematosa a volte lieve a volte più virulenta, ma dal momento in cui cominciai a disintossicarmi, la dermatite si trasformò in una piaga purulenta enorme, fino a coprire tutto il dorso della mano destra. A quel punto avrei dovuto ricorrere a farmaci molto forti e con pesanti effetti collaterali, a detta della dermatologa. La stessa, non sapeva come diagnosticarla e quindi non sapeva neppure come curarla. In un primo momento ipotizzò si trattasse di lesmaniosi, poi una biopsia sciolse ogni dubbio: psoriasi pustolosa grave.

A quel punto, dopo aver provato con un farmaco corticosteroide molto forte, che ebbe come grave effetto collaterale la comparsa di dermatite suppurativa su altre parti del corpo, decisi di chiudere con il trattamento farmacologico convenzionale e impegnandomi più a fondo con il naturoigienismo della scuola di Luigi Costacurta, così acquistai il libro "La nuova dietetica" e iniziai un semidigiuno a base di mele e succo di limoni, per tre giorni.
La piaga nella mano continuava a spurgare un forte quantitativo di tossine e mi guardai bene dal reprimere quel naturale processo di eliminazione, correttamente definito anche nel libro, come "crisi curativa", “crisi di guarigione” che il corpo e la sapienza perfetta della Natura stava mettendo in atto.

Miracolosamente per i medici, ma non per me che ormai avevo capito come funziona il processo di disintossicazione naturale, dopo alcune settimane di coerente naturoigienismo, la psoriasi ebbe una risoluzione del 100%. Sparita completamente.
Ma non è tutto: insonnia, depressione, cefalea, fibromialgia e stanchezza esagerata, spasmi esofagei dovuti agli effetti collaterali del cortisone per il trattamento del forte dolore in seguito alla rimozione dell'amalgama dentale, stitichezza cronica, colite, ecc... sono, ancora oggi a distanza di 5 anni, un vago ricordo.
L'ultimo regalo che mi è rimasto è qualche disagio legato alla MCS (Sensibilità Chimica Multipla). Mi nutro esclusivamente di cibo biologico, non uso profumi, detersivi o altre sostanze chimiche.

Quest'ultima patologia, che sta crescendo nella nostra società intossicata e inquinata a ritmi esponenziali, porta la persona che ne è affetta a non tollerare la "civiltà moderna", perché tutto diventa veleno e fonte di dolore: smog, elettrosmog, conservanti, coloranti e additivi chimici, prodotti OGM....
Tutto quanto.

Molte persone sono costrette a vivere in case totalmente decontaminate e lontanissime dai "centri" abitati, alcuni addirittura vivono in seminterrati coibentati. Si è costretti a nutrirsi solo di cibo biologico se non si vuole incorrere in una crisi allergica grave, e soprattutto si deve, nella maggioranza dei casi, indossare una maschera antigas specifica per muoversi in mezzo alla gente che fuma, che usa profumi, deodoranti o shampoo e detersivi molto aggressivi e fortemente "chimici". Non ne parliamo degli inquinanti emessi dalle auto.

Insomma chi è affetto da MCS deve, per motivi di sopravvivenza, allontanarsi dalla "civiltà".
Ormai da mesi non indosso più la maschera antigas, e cioè da quando ho dato un giro di vite effettuando una visita iridologica con uno dei migliori discepoli diretti di Luigi Costacurta, il quale ha evidenziato la debolezza di alcuni miei organi emuntori e mi ha sottoposta ad una terapia mirata con rimedi a base di erbe, cataplasmi di fango ecc... ma soprattutto non abbassando mai la guardia, con una costante osservazione dell'equilibrio termico ed energetico e con una alimentazione impeccabile ma mai noiosa o restrittiva.

Dopo il dimagrimento eccessivo iniziale ho ripreso il mio peso forma e ho visto trasformare la mia persona da un rottame ad una persona rinvigorita ed entusiasta della vita. In seguito a questa mia esperienza ho deciso di condividere con altri questo percorso affinchè possa essere di incoraggiamento a chi vive situazioni analoghe.
Il messaggio che voglio lanciare è questo: possiamo occuparci di noi stessi, non abbiamo bisogno di demandare ad altri la gestione della nostra salute. Il benessere fisico nonchè psichico è un diritto di tutti e si deve poter esercitare liberamente. Le malattie causate da abuso di farmaci sono peggiori dei mali che si vogliono curare. Un maggior rispetto per la propria persona include esprimere coscientemente il desiderio di osservare alcune regole basilari: magiare sano e non artefatto, coltivare buoni pensieri e rispettare l'ambiente e il pianeta in cui si vive.

Gabriella Fasone
 
 

venerdì 4 ottobre 2013

ASL di Milano a medici: prescrivete dieta vegana ai diabetici

(fonte: http://www.disinformazione.it/dieta_vegan_diabete.htm)


Milano, 6 marzo 2013 (Adnkronos Salute)

"Hai il diabete? Diventa vegano". A breve questo potrebbe essere lo stralcio di una conversazione medico-paziente a Milano. Perché la nuova linea suggerita dall'Asl del capoluogo lombardo ai camici bianchi, sulla base degli ultimi studi in materia, è proprio quella di prescrivere una svolta alimentare a chi combatte con il diabete di tipo 2. Una svolta che porta all'addio alle carni. "Dieta vegana, oppure mediterranea correttamente impostata, attività fisica, cessazione dal fumo". Ecco le prime 'terapie' da indicare ai pazienti, secondo quanto viene riportato in un documento "destinato a 1.100 medici di medicina generale della metropoli e a specialisti in forze negli ospedali", spiega Alberto Donzelli, direttore del Servizio educazione all'appropriatezza dell'Asl di Milano, anima del progetto.

Si chiama p-PDTA, percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale del paziente affetto da diabete mellito di tipo 2, viene periodicamente aggiornato da un gruppo di lavoro ospedali-territorio, composto da diabetologi di strutture cittadine (Niguarda, Istituto Auxologico, Casa di cura San Pio X, Policlinico, San Paolo), medici di medicina generale e rappresentanti dell'Asl di Milano. L'attuale versione, pronta per essere spedita ai medici di famiglia, è di fine 2012. Il prossimo aggiornamento sarà a dicembre 2014, salvo anticipi nel caso arrivassero nuovi dati clinicamente rilevanti.

Il documento tiene conto di linee guida esistenti, integrate da riflessioni del gruppo di lavoro basate su studi e altre fonti. "Lo scopo è fornire indicazioni concrete per la migliore assistenza da offrire ai cittadini per la prevenzione, diagnosi, terapia, assistenza e prevenzione delle complicanze del paziente diabetico, da parte sia dei medici di medicina generale, sia degli specialisti", si legge nel testo che l'Adnkronos Salute ha avuto modo di visionare. Gli estensori hanno tenuto conto anche "delle risorse cittadine, da impiegare con il miglior possibile rapporto costo-efficacia" cercando di esprimere raccomandazioni che evitino "medicalizzazioni improprie e utilizzo inappropriato di diagnostica strumentale e di laboratorio".

Quanto alla dieta, l'obiettivo è "favorire abitudini alimentari, comportamentali, stili di vita e condizioni ambientali adeguati alla prevenzione primaria, alla gestione e alla prevenzione delle complicanze del diabete. Questo Pdta - precisano i promotori - intende intervenire sui fattori che peggiorano la salute e la qualità di vita degli assistiti con un'azione integrata non circoscrivibile alla sola prescrizione farmacologica".

E proprio nel capitolo sulla "terapia medica nutrizionale" si trova il passaggio sulla dieta vegana, per la quale viene fornito ai medici anche un ricettario con suggerimenti culinari per i pazienti (che è parte integrante del Pdta). Nel volumetto 'Scacco al diabete con un pizzico di fantasia' si spazia da primi piatti a base di pasta integrale, classici, a proposte più 'alternative' come il meno noto bulgur (frumento integrale, grano duro germogliato), tutti conditi con verdure. Ci sono poi suggerimenti per rendere più appetibili le verdure, ricette per i legumi, persino un capitolo riservato ai piatti regionali e a quelli con soia e derivati. La premessa degli esperti è che "il calo ponderale è raccomandato a tutti i pazienti diabetici in sovrappeso corporeo o obesi", citando uno studio in cui "un importante calo di peso (del 15%) si è dimostrato in grado di normalizzare glicemia, emoglobina glicata e steatosi epatica, producendo la regressione di casi diagnosticati di diabete".

Dunque si suggerisce la via per ottenere il risultato: "Una moderata riduzione dell'apporto calorico (300-500 kilocalorie al giorno) e un modesto incremento del dispendio energetico (100-300 kcal al giorno) permettono una lenta ma progressiva riduzione del peso di 0,45-0,90 chilogrammi a settimana". E qui entra in gioco la dieta vegana. "In studi specificatamente disegnati per testare queste ipotesi, un'alternativa che si è dimostrata mediamente più efficace e gradita, non richiedendo imposizioni di restrizioni caloriche, è rappresentata da una dieta vegana basata unicamente su cibi vegetali, o da una dieta vegetariana a basso indice glicemico", recita il documento che riporta anche una serie di riferimenti scientifici a supporto. Le diete vegetariane - spiegano gli esperti nel Pdta - hanno prevenuto o migliorato il diabete.

Uno studio controllato randomizzato "di 5 mesi su 100 diabetici di tipo 2 obesi ne ha trattati 50 secondo la linea guida dell'Ada, American Diabetes Association, (15-20% di calorie da proteine, meno del 7% da grassi saturi, 60-70% da carboidrati e grassi monoinsaturi, personalizzata per creare un deficit di 500-1000 calorie giornaliere). E ha trattato gli altri 50 con una dieta vegana (più vitamina B12) con un 65% o più di calorie da carboidrati a basso indice glicemico, meno del 20% da grassi e meno del 15% da proteine". Una dieta "basata su verdura, frutta fresca e secca oleosa, cereali integrali e legumi, a volontà ma con poco olio aggiunto. A tutti era permesso un drink di alcol al giorno alle donne e due agli uomini".

Il confronto è stato vinto dalla dieta vegana. Sia per l'aderenza al nuovo regime alimentare che è risultata del 67% per i vegani contro il 44% per i pazienti che seguivano la dieta targata Ada, sia per il calo di peso ottenuto: 6 chili contro 4. Le altre voci in cui ha primeggiato la dieta vegana sono la riduzione di farmaci antidiabete (43% contro 26%), la riduzione dell'emoglobina glicata, che è stata dell'1,48% per i vegani contro lo 0,81% dei pazienti in 'dieta Ada', e il colesterolo Ldl (-23 contro -11).

"Le due diete - concludono gli esperti - hanno dato miglioramenti ma quella vegana maggiori risultati clinici e accettabilità e dovrebbe costituire la prima scelta. La buona accettazione rispetto alle diete classiche, legata al consumo a volontà, dovrebbe incoraggiare a proporre attivamente questo modello alimentare, a partire dai circa 70 pazienti diabetici, in gran parte sovrappeso e obesi, che un medico di medicina generale ha ogni mille assistiti". Accanto alla dieta vegana resta l'intramontabile dieta mediterranea che prevede un'alimentazione comunque "ricca di verdura, frutta fresca e secca oleosa, cereali integrali, legumi e semi, olio di oliva; moderatamente ricca di pesce e con latticini consumati soprattutto in forma di yogurt; ma povera di carne, soprattutto rossa e trasformata, e di grassi saturi e trans (acidi grassi industrialmente idrogenati presenti in prodotti da forno e fritture industriali e dei fast-food); e ancora povera di zuccheri e bevande zuccherate".



martedì 1 ottobre 2013

Dieta verde, sport, yoga e meditazione anti-stress: la ricetta che allunga la vita


Stili di vita sani possono 'invertire' i meccanismi alla base dell'invecchiamento cellulare aumentando la lunghezza dei telomeri, 'clessidre' della vita


Invecchiare per poi morire è una strada obbligata, ma rallentarla o tentare una 'retromarcia' si può. Scienziati americani dell'università della California di San Francisco hanno dimostrato per la prima volta che, convertendosi a stili di vita più sani, è possibile 'invertire' i meccanismi alla base dell'invecchiamento cellulare. In un piccolo studio pilota pubblicato su 'Lancet Oncology', Dean Ornish e colleghi sono riusciti ad aumentare di una media del 10% in 5 anni la lunghezza dei telomeri, i cappucci protettivi dei cromosomi che funzionano come una sorta di 'clessidre della vita': ogni volta che la cellula si divide per riprodursi queste sequenze genetiche si accorciano di un pezzetto, e quando si sono consumati del tutto significa che la cellula è arrivata al capolinea e ha esaurito il suo ciclo vitale. Ma secondo il team Usa la ricetta per interferire con questo destino esiste. Eccola: dieta vegetariana, sport, yoga e meditazione anti-stress.

Per 5 anni, gli scienziati hanno seguito 35 uomini con tumore alla prostata ai primi stadi, ancora localizzato. Tutti i pazienti sono stati inseriti in un programma di sorveglianza attiva, con monitoraggi periodici sull'evoluzione della malattia. In più, a 10 partecipanti sono stati prescritti cambiamenti dello stile di vita: dieta ad alto contenuto di frutta, verdura e cereali integrali, e a basso tenore di grassi e carboidrati raffinati; attività fisica (30 minuti al giorno di camminata, per 6 giorni a settimana); riduzione dello stress (yoga e stretching, tecniche di respirazione ad hoc, meditazione). Questi pazienti partecipavano inoltre a gruppi di supporto settimanali.

La lunghezza dei telomeri è stata misurata a tutti i 35 partecipanti all'inizio dello studio e alla fine. Al termine del quinquennio di osservazione, fra i 10 pazienti che avevano cambiato stili di vita i telomeri si erano allungati in media del 10%, mentre nei restanti 25 si erano accorciati mediamente del 3% circa.
"La lunghezza dei telomeri non è stata misurata nel tessuto prostatico bensì nel sangue", precisa Ornish. Ciò significa che le osservazioni condotte possono essere considerate valide per tutti, non soltanto per gli uomini con cancro alla prostata. La ricerca è sostenuta, tra gli altri, dal Dipartimento americano della Difesa, dagli Nih e dal National Cancer Institute.

Già in precedenza, nel 2008, il team americano aveva condotto uno studio pilota per valutare gli effetti del cambiamento di stili di vita sull'attività della telomerasi, l'enzima di 'manutenzione' che ha il compito di riparare i telomeri e mantenerli abbastanza lunghi per permettere alla cellula di sopravvivere. Ora i nuovi risultati indicano che adottare una vita sana 'tira il freno a mano' all'invecchiamento cellulare. "Una scoperta fondamentale che però dovrà essere confermata da altre ricerche più ampie", avverte il co-autore Peter R. Carroll.

"L'accorciamento dei telomeri aumenta il rischio di una grande varietà di malattie croniche", ricorda l'esperto. Negli ultimi anni una ridotta lunghezza dei telomeri è stata infatti associata a diverse forme di cancro, a ictus, demenza di origine vascolare, malattie cardiovascolari, obesità, osteoporosi e diabete. "Crediamo che allungare i telomeri possa aiutarci a prevenire queste condizioni e, probabilmente - auspica Carroll - ad allungare anche la vita".


mercoledì 25 settembre 2013

Tollera ciò che accade come se avessi voluto che accadesse.
Lucio Anneo Seneca


giovedì 19 settembre 2013

Sindrome della permeabilità intestinale, celiachia, sensibilità al glutine, spettro autistico, micotossine e tolleranza immunologica

(fonte: http://www.disinformazione.it/sindrome_della_permeabilita_intestinale.htm)

A cura del dottor Maurizio Proietti - www.maurizioproietti.it

Diverse patologie umane partono da un intestino poco efficiente. Ma cosa rende inefficiente l’intestino? Bisogna rivalutare i rapporti tra cibo e salute. Tre milioni di italiani e venti milioni di statunitensi soffrono di sensibilità al glutine, sindrome simile ma allo stesso tempo diversa dalla celiachia. Dalla sensibilità al glutine scaturiscono patologie diverse, in funzione del polimorfismo genetico dei soggetti e dell’ambiente in cui essi vivono. Aumentando le nostre conoscenze sulle interazioni tra cibo, abitudini alimentari, genomica e ambiente è possibile effettuare una prevenzione e/o terapia migliore. È iniziata l’era dell’epigenetica mentre il dogma del determinismo genetico si avvia al tramonto.

Permeabilità dell’intestino
Molti studi sulla permeabilità della barriera gastrico-intestinale (g.i.) indicano che essa è strettamente dipendente dal genoma dei batteri intestinali 1,2 3. L’intestino con flora batterica compromessa che a sua volta compromette la produzione di enzimi digestivi, perdendo le normali condizioni biochimiche, relative a pH, vitamine, peptidi e batteri, genera infiammazione minima submucosale secondaria, tale da alterare alcuni pattern enzimatici presenti sulle membrane cellulari, in particolare sui microvilli (un caso eclatante è quello della lattasi 1).

In condizioni normali i microvilli permettono la digestione fisiologica e l’assorbimento dei micronutrienti, mentre in condizioni anomale si determina il passaggio di macro-molecole oltre la barriera g.i, (Fig. 1) che per le loro dimensioni possono essere identificate come non self e risultando immunogene possono scatenare una risposta immunologica. L’epitelio g.i. è normalmente una barriera selettivamente permeabile e la sua funzione è determinata dalla formazione di complessi proteina-proteina: desmosomi (desmosome junctions), emidesmosomi (hemidesmosome junctions), giunzioni comunicanti (gap junctions), aderenti (adherens junctions) e giunzioni strette (tight junctions). Queste ultime collegano meccanicamente cellule adiacenti per sigillare lo spazio intercellulare.

Nel corso dell'ultimo decennio, c'è stata una crescente attenzione alle tight junction, in quanto la loro alterazione determina un’interruzione della funzione di barriera g.i. che contribuisce a favorire reazioni immunologiche (malattie autoimmuni ed infiammatorie) 1,4,5.

Evidenze sperimentali [6,8] suggeriscono che la disfunzione delle giunzioni strette sia concausa, ma forse la principale, per l’insorgenza di malattie infiammatorie immunologiche sistemiche, malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), allergie alimentari e celiachia [22,23]. Ciò sembra inoltre partecipare all’evoluzione dell’Autismo 2,12,13,14,15,16. Complessivamente, i risultati di tutti questi studi mostrano o comunque sembrano suggerire che le malattie correlate con l’intestino permeabile possano scomparire e/o arrestarsi se la funzione di barriera intestinale del paziente viene ristabilita. Le prove a sostegno di tutto ciò sono ancora incomplete, ma sono abbastanza solide da incoraggiare i ricercatori a proseguirne il cammino intrapreso.

Le tight junction sono il target primario degli agenti esterni, che agendo come inquinanti chimici e/o biologici [9,10] interagiscono con la matrice proteica delle giunture, alterandone la conformazione e quindi aumentandone sempre di più la permeabilità agli agenti esterni. Le nostre osservazioni hanno individuato nell’ingestione inconsapevole di inquinanti biologici (micotossine) e conseguente disbiosi e sporificazione da Candida, i fattori determinanti della sindrome della permeabilità intestinale (leaky gut syndrome). Si stabilisce così un nuovo equilibrio del microbiota 24-29, che spesso può anche non determinare segni o sintomi clinici rilevanti 10,11 .

In ogni caso, bisognerebbe comunque verificare il tempo di non insorgenza dei sintomi tipici della sindrome, in relazione anche alle fasce d’età. È necessario capire perché in alcuni soggetti non c’è insorgenza e se si tratta di una situazione temporanea o duratura. Uno studio di questo genere potrebbe svelare altri meccanismi, probabilmente del sistema immunitario, ancora sconosciuti.

Tolleranza immunologica: celiachia e sensibilità al glutine (gluten sensitivity)
La grande peculiarità della celiachia è indubbiamente il fattore ambientale che la causa: la gliadina. Si tratta di un peptide immunogenico, resistente alla digestione enzimatica pancreatica e gastrica, che solo a causa delle modificazioni delle giunzioni strette riesce a trovare il passaggio per arrivare alla lamina propria (parte della mucosa intestinale), dove ha luogo la risposta immunitaria. Come dire: se non si apre la porta non si può passare. In ogni caso, è proprio qui, a livello di lamina propria, che la transglutaminasi tissutale (tipo II - tTG) catalizza legami covalenti tra glutammina e lisina. E i peptidi così deamminati creano epitopi (parti dell’antigene che si legano all’anticorpo specifico), con un aumentato potenziale immunostimolatore.

Con questa modifica viene ad aumentare l’affinità degli antigeni, presentati dalle APC (Antigen-presenting Cell) ai macrofagi, ai linfociti B e T CD4+ (linfociti helper), con il sistema HLA II (Human Leukocite Antigen II) e quindi con i due geni o molecole proteiche DQ2 e DQ8 da essi prodotti. Le lesioni della mucosa intestinale (atrofia dei villi e iperplasia delle cripte) riscontrabili con l’esame bioptico sono il risultato di questo processo immunologico dinamico e modulabile nel tempo. Sebbene sia nota la componente genetica della malattia celiaca, con numerose evidenze quali il rischio aumentato di malattia nei parenti di primo grado, la concordanza nei gemelli omozigoti superiore al 75% e la concordanza nei gemelli dizigoti del 13%, ci deve essere sempre un primum movens, che è l’apertura delle giunzioni strette (tight junction).

La Sensibilità al glutine (Gluten Sensitivity), invece, non è una forma attenuata della celiachia, ma una malattia a se stante. Essa, pur diversa dal punto di vista molecolare e immunitario, potrebbe presentare tuttavia la stessa causa scatenante, cioè l’apertura delle giunzioni strette (tight junction). Il fatto che nel mondo ci sono 3 milioni d’italiani e 20 milioni di statunitensi affetti da sensibilità al glutine, l’interesse verso questa condizione morbosa e soprattutto sulla sua possibile evoluzione verso la forma tipica è veramente notevole.

La Gluten Sensitivity (GS) non presenta alterazioni della permeabilità intestinale, manifesta solo la flogosi submucosale, che invece, come è noto, è significativamente maggiore nella celiachia. «Nella celiachia si attiva un meccanismo autoimmune condizionato da una risposta adattativa del sistema immunitario, nella GS invece, c’è un meccanismo genetico che coinvolge il sistema immunitario innato, senza interessamento della funzione della barriera intestinale, dove si riscontrano segni di infezione ma non di danno, come avviene nella celiachia»10.

Ad oggi non esistono test di laboratorio o istologici in grado di confermare questo tipo di "reattività", di conseguenza si tratta di una diagnosi cui si giunge per esclusione; la diagnosi sarà seguita da una dieta con eliminazione del glutine ed un open challenge (una reintroduzione sorvegliata di alimenti contenenti glutine), per valutare se si verifica un effettivo miglioramento dei sintomi alla riduzione o eliminazione del glutine dalla dieta ed una ricomparsa dei disturbi alla reintroduzione di questa proteina alimentare.

Possiamo dire che le due condizioni patologiche, la celiachia e la GS, hanno in comune, come fattore scatenante, il glutine. Ma è arrivato il momento di aggiungere un altro fattore esterno o ambientale: le micotossine. Possiamo cioè affermare che l’alimento diventa comune denominatore del danno, non solo per il contenuto di macronutrienti, qualitativo e quantitativo, ma anche per le diverse micotossine che sinergicamente possono contribuire alla sindrome della permeabilità intestinale (leaky gut syndrome) [17, 21]. Tra le principali micotossine che partecipano o favoriscono la sindrome (aflatossine, ocratossine, ecc.) la nostra attenzione si è focalizzata sul deossinivalenolo (DON).

Per la facilità di contaminazione degli alimenti più comuni come pasta e pane, le micotossine, tra cui il DON, il più studiato, hanno una particolare predilezione per le giunzioni strette. Ciò potrebbe essere correlato ad una innumerevole quantità di manifestazioni cliniche che insorgono apparentemente senza un motivo identificabile. È auspicabile che la ricerca futura intensifichi gli studi su un numero maggiore di micotossine e sulle loro reciproche interazioni.

Negli ultimi cento anni l’uomo ha favorito i riarrangiamenti genetici, producendo ibridi interspecifici nel genere Triticum (frumenti) e intergenerici, tra Triticum e Secale (Triticale) per migliorarne le rese per ettaro. Nessuno ha mai verificato, per quanto ci risulta, su basi strettamente scientifici, se questi cambiamenti genetici hanno favorito una risposta immunologica e quindi determinato un incremento o meno delle condizioni che conducono alla celiachia, GS, all’autismo ed eventualmente ad altre malattie negli ultimi 30 anni. L’INRA di Tolosa 31 ha studiato i meccanismi molecolari e la risposta immunitaria verso grani, farine e paste privi di micotossine, facendo particolare riferimento al DON. Forse nei risultati di questi studi c’è già una risposta, ma c’è bisogno di un approfondimento (elaborazione) o ulteriore sperimentazione prima di dare una soluzione definitiva alla questione, e cioè se i cambiamenti genetici indotti con gli incroci e mutazioni artificiali hanno una qualche relazione con la celiachia e l’autismo 14,16,17,18.

La ricerca sulle micotossine si complica quando entra in gioco un altro fattore: le lectine. La differenza genetica tra i frumenti è da ascrivere anche a proteine denominate lectine, che sono presenti non solo nei saprofiti e patogeni, ma anche negli alimenti e sulla mucosa del tratto digerente. Le lectine, di diversa composizione chimica, si correlano con gli antigeni A o B, presenti sulla membrana degli elementi figurati del sangue, in particolare dei globuli rossi. 

Quando ingeriamo un alimento contenente lectine incompatibili, col nostro codice di riconoscimento attiviamo una risposta minima immunologica (Minimal Flogosis). Quindi anche le lectine possono innescare un danno alle pareti dell’apparato digerente. Se contestualmente l’alimento contiene anche micotossine (in quantità biologiche significative), come il DON, allora diventa valida l’ipotesi della risposta di una sintomatologia clinicamente rilevante. 

In altre parole, le lectine darebbero il via alle micotossine (macromolecole). Le lectine sono quelle che aprono la porta? Per tali motivi e per valutare l’effettiva dipendenza dal glutine delle alterazioni cliniche e sintomatologiche evidenziate nei soggetti con Sensibilità al Glutine (GS), un gruppo di ricercatori che fanno capo al Consorzio Campo e la fondazione Dino Leone di Bari, hanno avviato un progetto di ricerca per studiare questa relazione tra natura o composizione degli alimenti, micotossine e sistema immune.

Il deossinivalenolo (DON o Vomitossina) Il deossinivalenolo (DON) è una micotossina, uno dei metaboliti di alcuni ceppi fungini (muffe), appartenenti al genere Fusarium (F. graminearum e F. culmorum, ecc.). Si tratta di “fattori tossici naturali e involontari”, cancerogeni, teratogeni e mutageni. Dallo stesso fungo si possono originare più tossine, come nel caso della candida (Candida albicans) e ci possono essere sinergie tra tossine diverse, come nel caso della ocratossina A (OTA) e la citrinina.

Su scala globale, il DON è la micotossina di gran lunga più frequente e quindi quella più temuta e per questo più studiata. Si contaminano particolarmente i cereali e loro derivati (farine, pane, ecc.). In considerazione della sua estrema stabilità (termostabile) durante i diversi trattamenti tecnologici e la quasi totale assenza di processi di decontaminazione, il DON lo si può trovare facilmente anche negli alimenti finiti.

È quindi importante caratterizzare gli effetti tossici del DON, in particolare su tutto l’intestino, stomaco compreso, primo organo che entra in contatto con gli alimenti. Questa micotossina riduce la funzione di barriera dell’intestino (riduzione della resistenza elettrica dell’epitelio, aumento della permeabilità cellulare alle molecole, aumento del passaggio di batteri). L’alterazione della funzione di barriera g.i è associata ad una riduzione della funzione proteica (claudins) in una particolare regione del tessuto intestinale: le cosi dette giunzioni strette (Fig. 2). Queste svolgono il ruolo di “cerniera” tra le cellule intestinali. Ciò è stato osservato sia in colture cellulari sia negli intestini dei maialini che avevano ingerito mangimi contaminati 31.

Fig. 2. Giunture strette e proteine coinvolte (cortesia di wikimedia Italia)7
Il fatto che il DON riduca la funzione di barriera intestinale causa un aumento del passaggio di batteri attraverso l’intestino. Viene alterata la permeabilità intestinale. Ciò ha conseguenze importanti in termini di suscettibilità alle infezioni (Salmonella, Escherichia, ecc.). Aumenta il passaggio di agenti inquinanti, come metalli pesanti, pesticidi, potenziandone gli effetti dannosi, che possono favorire reazioni immunologiche locali e sistemiche e condizionare la prognosi di malattie come la sensibilità al glutine (Gluten Sensibility) e l’autismo. Il danno indotto può offrire anche valutazioni indirette di grande interesse, in quanto le alterazioni della mucosa modificano, anche se di poco, la funzione biochimica cellulare.

Si assiste ad una carenza di vit. B12 per i motivi su esposti, quindi ad una diminuzione delle desaturasi e ciò spiegherebbe l’alterazione delle membrane in quanto povere di polinsaturi e ricche di saturi (fosfogliceridi).
A livello intestinale può essere penalizzato l’assorbimento della vitamina B12, che necessita del Fattore Intrinseco (F.I.) Intestinale (o Gastrico o di Castle). Una carenza di B12 può ostacolare la conversione fisiologica dell’omocisteina in metionina. A cio’, seguirà, secondo una variabile dipendente dalla predisposizione individuale, la comparsa delle spie cliniche.

Essendo il DON di facile presenza nelle mense scolastiche, asili nido ed elementari, dove arriva specialmente con il pane e più limitatamente con la pasta, l’industria di questi alimenti dovrebbe essere obbligata a lavorare il grano prestando maggiore attenzione alla contaminazione in campo e ad attuare processi fermentativi specifici in grado di abbattere la carica di micotossine.

Emergenza autismo
Dopo il lavoro di Reichelt [30], sono sempre di più gli autori che evidenziano nelle urine dei bambini affetti da autismo la presenza di alti livelli di peptidi “oppioidi” (casomorfina e glutomorfina). Ciò consente di ipotizzare che i bambini autistici durante i processi digestivi, per un’alterata digestione di queste proteine dovuta a meccanismi ancora non chiari, (ma che comunque implicano un coinvolgimento delle giunzioni strette), assorbano peptidi anomali che influenzano il meccanismo della neurotrasmissione (vedi inibizione della normale maturazione neuronale di Reichelt, 1986), in quanto riescono a superare la barriera emato encefalica.

Tali molecole per la loro affinità con i recettori m possono essere una concausa del comportamento di tali pazienti2. Per questo motivo, spesso, viene loro indicata una dieta priva di tali alimenti. Un periodo di astensione da glutine e caseina, che varia a seconda dei casi, permette di abbassare sensibilmente i livelli dei peptidi oppioidi. I risultati ottenuti sono molto incoraggianti, soprattutto se viene praticata in età non scolastica, ma nei primi anni di vita, quando le potenzialità evolutive e la neuro plasticità sono ancora molto attive.

Queste considerazioni diventano imperative in tutte le donne gravide con rischio di familiarità. Basti pensare che alcuni studi indicano che ci sono alti livelli di micotossine nel cordone ombelicale, più alti di quelli plasmatici. L’alterazione delle giunzioni strette segue la disbiosi3. È noto che a seguito del ripristino dell’equilibrio, (eubiosi), si riduce la permeabilità intestinale, contestualmente al miglioramento delle condizioni generali dei bambini.

Il lato positivo della dieta naturale senza glutine e caseina è espresso dal notevole miglioramento ottenuto dai bambini che seguono tale regime alimentare: maggiore attenzione, miglioramento delle capacità interattive, regressione dell’iperattività, delle stereotipie, dei comportamenti violenti, maggiore resistenza alle infezioni e miglioramento della qualità del sonno.

Conclusioni
I risultati delle numerose ricerche incoraggiano ad approfondire gli studi sugli effetti della contaminazione degli alimenti da micotossine, sia nella dieta dell’uomo che in quella degli animali, evitando così di inquinare tutta la catena alimentare. In questo modo si coglierebbe l’obiettivo di ridurre il problema della permeabilità intestinale, punto di partenza di diverse patologie.

Attualmente, uno degli obiettivi dei ricercatori è di comprendere i delicati equilibri immunologici legati probabilmente al consumo di alimenti ricchi di glutine “pesante” e valutare il consumo in relazione alla rapida diffusione delle malattie correlate al glutine. I grani dell’agricoltura industriale, che sono la maggior parte, sono iperconcimati, spesso coltivati in ambienti che favoriscono la contaminazione da funghi con conseguente sviluppo di micotossine.

Questi grani contengono una quota di glutine superiore del 12% rispetto a quelli non iperconcimati, e rendono difficile la vita non solo ai soggetti border line per la celiachia, ma in tutti i casi caratterizzati da manifestazioni immunologicamente correlate, “sindrome metabolica” compresa. Sembra quindi che la crescente sensibilità alle diverse patologie sia determinata dalla crescente diffusione dei grani moderni, con più glutine, a discapito dei grani antichi, con meno glutine e con i quali l’uomo si è evoluto. Per alcuni si tratta ancora di ipotesi, per altri di certezze. Per questo il compito della ricerca, svolta da gruppi di lavoro multidisciplinari, deve essere di eliminare, per quanto possibile, ogni zona d’ombra.

(1a) Lo studio è basato su dati della letteratura specializzata, reperibile attraverso Medline e diversi documenti ufficiali divulgati da varie istituzioni pubbliche e private.

Ringraziamenti
Si ringrazia il Presidente della Fondazione Cav. Dino Leone, Dottor Osvaldo Catucci.

Note
1. La lattasi è l’enzima prodotto nei microvilli intestinali e serve a digerire il lattosio, cioè a scinderlo in glucosio e galattosio. Cosa che avviene nei soggetti detti lattasi persistenti, cioè che anche da adulti tollerano il lattosio perché continuano a produrre la lattasi. In questi soggetti il gene LCT (cromosoma 2) che produce la lattasi non si spegne con lo svezzamento, come avviene in chi è intollerante al lattosio. Poiché la lattasi è prodotta a livello dei microvilli, eventuali problemi ai microvilli, come può essere la celiachia (intolleranza al glutine) possono comportare mancata produzione di lattasi e quindi una falsa intolleranza al lattosio.

2. I recettori per gli oppioidi sono dei recettori chiamati così in quanto sono attivi con la morfina (derivato dell' oppio). Fisiologicamente le molecole attive su questi recettori sono le encefaline, endorfine, dinorfine. Si conoscono 3 recettori: m, k e d. Il loro meccanismo è legato alla modificazione dell'elettrofisiologia del potassio e del calcio e più precisamente: Recettori mu e delta aumentano la conduttanza al potassio mentre i recettori K riducono la conduttanza al calcio. I 3 recettori hanno un'azione di tipo analgesico, ma a diversi livelli. m: Genera analgesia (livello sovraspinale), depressione respiratoria, diminuzione attività gastro intestinale, euforia, miosi; K: Genera analgesia (livello spinale), miosi, depressione respiratoria, disforia (a differenza dei recettori m); Delta: non genera analgesia, ma diminuiscono il transito intestinale e deprimono il sistema immunitario.

3. La disbiosi intestinale è causata da cattiva alimentazione ricca di cibi raffinati additivi e inquinanti, farmaci, stress, vita sregolata. I sintomi sono: pancia gonfia, cattiva digestione, colite, diverticolosi, allergie, intolleranze alimentari, stanchezza cronica e forme gravi di epatite

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