(fonte:
http://www.disinformazione.it/tossicita_metalli_pesanti.htm)
A cura del
dottor Maurizio Proietti - 20 febbraio 2013
Per
comprendere il danno provocato all’organismo dai metalli pesanti
dovremmo avere una visione d’insieme di questi elementi
(arsenico, cadmio, cromo, alluminio, piombo e mercurio) e di
come interferiscono sui pathways biochimici. Negli ultimi anni
con il termine metalli pesanti si è voluto determinare un
gruppo di metalli e semimetalli, o metalloidi associati a
tossicità, anche se ci sono da più parti indicazioni a una nuova
classificazione come indicato dall’International Union of Pure
and Applied Chemistry.
Negli ultimi periodi sono stati introdotti nell'ecosistema
diversi metalli di origine antropica che hanno aggravato
l’inquinamento ambientale, un esempio tra i più importanti è
l'incenerimento dei rifiuti; in questo caso i metalli pesanti
che creano più preoccupazione sono: cadmio, cobalto,
arsenico, cromo, mercurio, manganese, rame,
tallio, nichel, piombo e alluminio. Il semimetallo degno
di maggior attenzione per la tossicità e cancerogenicità è l’arsenico
(spesso trovato nei capelli dei bambini con ASD) che allo stato
puro non sembra mostrare tossicità, ma lo diventano tutti i suoi
derivati che entrano a far parte come composto nei pesticidi,
erbicidi e insetticidi.
A titolo
informativo è opportuno menzionare il coinvolgimento dei metalli
pesanti nel processo di cancerogenesi, distinguendo l’azione
cancerogena e pro-cancerogena, anche se in quest’ambito non è
opportuno approfondire quest’aspetto.
La
tossicità dei metalli e dei loro composti dipende dalle loro
proprietà fisico-chimiche,
importante
è la loro proprietà lipofila, la concentrazione nei tessuti ed i
tempi di esposizione; il mix più pericoloso è la prolungata
esposizione a dosi minime.
L’induzione di stress ossidativo, l'inefficienza dei sistemi
di detossificazione, il blocco dei meccanismi di riparazione del
DNA e cosa più importante la variazione (modulazione)
EPIGENETICA dell’espressione genica, sono
i meccanismi che determinano il danno.
È noto
che tutti gli esseri viventi utilizzano per l’espletamento delle
funzioni vitali, in particolare per i processi enzimatici,
quantità variabili di elementi, tra i più importanti: ferro,
zinco, rame, manganese.
L'enzima è una proteina in grado di catalizzare una reazione
chimica, in altre parole la facilita e accelera i processi
biochimici all'interno della cellula, che in loro assenza
avverrebbero in tempi lunghi e quindi non ottimali per la vita
stessa della cellula.
Gli enzimi sono necessari, come già accennato, per il
metabolismo della cellula, ma soprattutto per la formazione di
ATP che è la moneta energetica per i processi cellulari; si può
comprendere a questo punto la pericolosità a livello molecolare
dell’introduzione nell’organismo di metalli pesanti.
Una volta penetrati nell’organismo questi elementi tossici
interagiscono con le proteine e per la loro natura cationica,
come dimostrato in vitro, possono formare addotti con il
DNA.
Le interazioni con le proteine sembrano essere le più
importanti dal punto di vista patogenetico, infatti sono state
individuate diverse proteine “bersaglio”, quali quelle
implicate nella riparazione del DNA.
Un esempio
importante sono le zinc finger protein, gruppo di
proteine che dipendono dalla presenza di Zinco e sono
caratterizzate da quattro cisteine invarianti e/o residui di
istidina che complessano l’atomo di zinco per formare il
dominio zinc finger coinvolto sia nel legame con il DNA,
sia nelle interazioni proteina-proteina. Appartengono a questa
famiglia proteine che hanno un ruolo importante nei processi di
segnalazione del danno del DNA e di riparazione. La più nota è
la p53, meglio conosciuta come proteina anti-tumorale 53
(guardiano del genoma), che regolando il ciclo cellulare ricopre
il ruolo di soppressore tumorale.
Fig.1 motivo zinc finger caratterizzato dalla presenza
di un atomo di zinco o nel caso dei motivi zinc “cluster” da
due.
I sistemi di riparazione del DNA entrano in gioco non solo per
induzione da parte di mutageni ambientali ma anche per danni
endogeni al DNA, per esempio lo stress ossidativo
da produzione di specie reattive dell’ossigeno ROS e
dell’azoto RNS che provocano danno per
genotossicità indiretta causata dai metalli. Preme
ricordare che ROS e RNS sono induttori di segnali mitogeni e
attivano la trascrizione genica, anche a concentrazioni minime.
A concentrazioni più alte ROS e RNS possono danneggiare le
biomolecole più importanti quali: lipidi, proteine e acidi
nucleici e come conseguenza si ha danno sulle principali
strutture cellulari, quali la membrana cellulare. I ROS e i RNS
possono essere rimossi dall'organismo attraverso sistemi di
detossificazione di fase I e fase II, al fine di non provocare
danni letali alle cellule.
Nei bimbi autistici abbiamo trovato spesso presenza di metalli
pesanti e squilibri di membrana (rilevato con l’esecuzione
dell’analisi minerale tissutale, e FatProfile).
In pochi decenni ci siamo trovati di fronte a oltre 100.000
molecole chimiche di sintesi che per i nostri sistemi biologici,
e soprattutto per i nostri recettori cellulari, sono novità,
ricordando che il genoma non è in grado di adattarsi in modo
così veloce ai cambiamenti ambientali. Non conosciamo ne
le loro interazioni e i loro effetti sulle cascate biochimiche
intracellulari, sui meccanismi dell’espressione genica, ne gli
effetti biochimici diretti o immuno-mediati che i peptidi
trasformati rischiano di avere a livello immunologico e/o
neuro-endocrino, “ingannando” o alterando i recettori
membranari, citoplasmatici, mitocondriali e nucleari..
Nulla
sappiamo delle alterazioni epigenetiche e delle interferenze
sulla programmazione epigenetica fetale (programmi di
espressione genica) nell’ambito dei tessuti ed organi deputati
alla regolazione neuro-endocrino-metabolica dell’uomo.
L’immissione in ambiente di molecole ad azione mimetica, metalli
pesanti ed altri inquinanti che possono creare problemi allo
sviluppo neuro-endocrino dell’embrione, del feto e del bambino è
cosa nota e confermata da una moltitudine di studi scientifici.
The Lancet 12 riporta uno studio importantissimo della
Harvard School of Pubblic Health riguardante la tematica della “pandemia
silenziosa”, cioè dei danni neuro-psichici che sono in
continua crescita e interessano almeno il 10% dei bambini del
cosiddetto mondo civilizzato.
I metalli pesanti hanno la capacità di penetrare in tutti i
tessuti, nelle cellule e in tutti gli organelli cellulari,
compreso il nucleo dell’adulto e del feto, alterando l’assetto
epigenetico e l’espressione genica delle diverse fasi dello
sviluppo, oltre ad interferire con i sistemi enzimatici come già
riportato.
Solo a titolo di esempio riportiamo il caso dell’incidente della
baia di Minamata, che provocò avvelenamento da mercurio nelle
donne in stato di gravidanza che mangiavano pesce inquinato dal
metallo fuoriuscito da un impianto industriale. In queste
situazioni il mercurio è trasformato in mercurio organico da
microrganismi solfato-riduttori, passa nella catena alimentare
perché biomagnificato, e giunge sulla tavola delle ignare donne
che lo assorbono e lo distribuiscono nelle loro membrane
biologiche e in quelle dei feti, danneggiandoli. I danni
maggiori si evidenziano a livello neurologico con deficit
mentali e paralisi.
L’avvelenamento dei bambini sta diventando un fatto
sistemico con progressione impressionante per la presenza
nell’ambiente di tante altre sostanze tossiche come pesticidi,
diserbanti, insetticidi, PCBs, diossine e altri che ritroviamo
nella placenta, nel sangue cordonale e nel latte materno.
Una nota a parte è riservata alle micotossine che ledono le
giunzioni strette fra gli enterociti aprendo la strada alla
permeabilità intestinale; tali sostanze risultano essere
teratogene, mitogene, cancerogene e immunodepressive.
Tutto quanto su riportato potrebbe contribuire a rendere
vulnerabile il sistema immunitario del bambino ed esporlo a
qualsiasi tipo di patologia.
Nei miei
piccoli pazienti affetti da autismo, già all’età di due anni si
riscontrano (mineralogramma su capello) elevati livelli di
mercurio, alluminio, arsenico e piombo, oltre a bassi livelli di
selenio, zinco e rame.
Importante da segnalare lo squilibrio degli elettroliti più
comuni che denunciano uno stress ossidativo, che si conferma,
sia con la bioimpedenziometria, sia con lo studio degli acidi
grassi di membrana.
È
ormai accertato che la pressione ambientale e la presenza di
metalli pesanti giochino un ruolo chiave nello sviluppo
dell’ASD.
Un aumento delle concentrazioni di Cu, Pb e Hg, e una
diminuzione delle concentrazioni di Mg e Se nei capelli e/o
unghie di soggetti autistici potrebbero essere correlati con il
livello di gravità della patologia.
Alluminio
Nell’ASD,
da più parti, sono chiamati in causa la compromissione delle
funzioni immunitarie ed i fattori ambientali, tra cui la
vaccinazione, è sempre più sospettata di giocare un ruolo
importante.
Analizzando il database del Vaccine Adverse Events USA System
CDC (VAERS) è stato evidenziato il legame tra ASD e alluminio
contenuto nei vaccini: alla fine del secolo scorso è stato
rilevato un aumento di casi in concomintanza della diminuzione
dell'uso di mercurio nei vaccini (con funzione di conservante)
ed un aumento di alluminio sotto forma di sale (come adiuvante).
Ricordiamo che i bambini con ASD sono particolarmente
vulnerabili ai metalli tossici come l’alluminio e il mercurio, a
causa della mancanza di solfato sierico e glutatione (importanti
per i sistemi di detossificazione di fase II dell'organismo) e
che la quantità di alluminio presente nei vaccini è di gran
lunga superiore al livello massimo capace di dare danni
neurologici.
Il sistema
immunitario (SI) permette all'organismo di difendersi da
"aggressioni" di sostanze estranee (virus, batteri, parassiti,
...) che sono chiamati antigeni producendo anticorpi
specifici. A volte il SI è deregolato per motivi ambientali e
genetici e questo può causare disturbi immunologici (malattie
autoimmuni-diabete di tipo 1, celiachia, artrite reumatoide,
psoriasi, SLA,..., malattie neurologiche, allergie...). Il 90%
del sistema immunitario è localizzato nelle mucose
dell'organismo, rappresentando nella quasi totalità dei casi la
corretta via di attivazione del SI stesso. Generalmente il SI è
in grado di "ricordare" gli antigeni con cui è venuto a
contatto; in teoria la memoria dovrebbe essere mantenuta a vita,
ma in realtà, come per la memoria cerebrale, vengono mantenuti
solo i ricordi più intensi (corretta stimolazione del SI), così
che per mantenere la memoria immunitaria c'é bisogno di richiami
mediante stimolazioni antigeniche. I vaccini non stimolano
correttamente il SI, così che per avere una memoria immunitaria
c'é bisogno di inoculare diverse dosi di vaccino all'organismo
(e non sempre vengono prodotti anticorpi): la produzione di
anticorpi da parte della memoria cellulare dipende da quanto
forte è stata la risposta Th1, cioè da quanto corretta è stata
la stimolazione del SI. Per questo dopo le vaccinazioni, alcune
persone producono grandi quantità di anticorpi ed altre non ne
producono affatto.
La
vaccinazione, altro non è che l'inoculazione di proteine virali,
batteriche e tossine; ma queste proteine, inoculate da sole non
sono in grado di provocare una risposta immunitaria. C'è quindi
bisogno di provocare una infiammazione nel posto di
inoculazione, in modo da attivare l'immunità innata e di
conseguenza quella acquisita, capace di mantenere la memoria.
L'infiammazione è provocata dall’aggiunta di sali di alluminio
nei vaccini che, in realtà ha un doppio compito:
- innescare
la risposta infiammatoria
- intrappolare l'antigene in modo da rilasciarlo lentamente, nella
speranza di innescare la memoria immunitaria.
Così l’uso dell’alluminio come adiuvante nei vaccini è la norma
anche se i meccanismi che li conferiscono queste proprietà non
sono ancora noti, nonostante siano stati condotti diversi studi
sia in vivo (animali) che in vitro (colture di
cellule del sangue).
Fra i primi studi effettuati allo scopo di chiarire i meccanismi
di azione dell'idrossido di alluminio, bisogna ricordare
Ulanova et al., che hanno valutato l'effetto
diretto dell'idrossido di Alluminio sui
monociti umani in
vitro. I monociti
sono cellule presenti nel sangue capaci di intercettare sostanze
estranee all'organismo, di fagocitarle e di attivare la risposta
immunitaria secondo una complessa danza di interazioni e
comunicazioni cellulari. Nel lavoro citato sono stati
osservati cambiamenti rilevanti nelle proprietà accessorie dei
monociti dopo l’esposizione a breve termine in coltura di
idrossido di alluminio:
-
un aumento dell'espressione delle
molecole accessorie per l'attivazione dei linfociti T: CD40,
CD54, CD58, CD86, MHC II (Maggiore Complesso di
Istocompatibilità di classe II)
- differenziazione dei monociti in coltura in cellule
morfologicamente simili alle cellule dendritiche;
le cellule dendritiche sono cellule altamente specializzate
capaci di presentare l'antigene per scatenare la risposta
immunitaria; tali cellule sono scarsamente presenti nel sangue e
si originano da precursori presenti nel midollo osseo in seguito
a particolari stimoli antigenici e "messaggi cellulari"
- aumento della sintesi di interleuchina-4 (IL-4) mRNA;
l'IL4 è un messaggero delle cellule dei SI, capace di aumentare
la produzione di anticorpi attraverso la stimolazione dei
linfociti Th2
- l'aumento dell'espressione cellulare di MHC di classe II
(che indica attivazione immunitaria) non si è verificato dopo
l'aggiunta di anticorpi anti IL-4 in coltura, capaci di
neutralizzare l'effetto dell'IL4 prodotta dai monociti stimolati
dall'idrossido di alluminio
Questi risultati suggeriscono che l'idrossido di alluminio è in
grado di stimolare direttamente i monociti a differenziarsi
attivando la risposta immunitaria cellulo-mediata, cioè capace
di coinvolgere i linfociti T. In questo lavoro è stata
evidenziata la capacità di indurre i monociti a produrre l'IL4,
molecola capace di attivare i linfociti Th2, predisposti a
stimolare la produzione di anticorpi ma coinvolti anche nella
patologia delle allergiche. Questo spiegherebbe il potente
effetto adiuvante dell'idrossido di alluminio, senza il quale
gli antigeni somministrati non evocherebbero alcuna risposta.
I composti
di alluminio sono stati ampiamente utilizzati come coadiuvanti
umani per più di settanta anni. Ad oggi
nonostante i numerosi studi effettuati (Hanfen Li et al., 2007;
Lambert S.L et al., 2012; Pashine A. et al., 2005; Seubert A. et
al, 2008;..), non sono stati ancora chiariti i meccanismi di
azione dell'idrossido di alluminio, unico adiuvante autorizzato
per la somministrazione di vaccini nell'uomo né è stata trovata
una molecola capace di sostituirlo. Si ripotizza che gli
adiuvanti formino un "deposito" presso il sito di iniezione, da
cui l'antigene viene rilasciato lentamente, portandolo ad una
prolungata esposizione alle APC e quindi ai linfociti, mentre è
stato dimostrato che l'idrossido di alluminio migliora
l'assorbimento dell'antigene dalle APC in vitro.
Al
contrario le ricerche effettuate anche in campo immunologico non
hanno fatto altro che complicare l'interpretazioni dei risultati
ottenuti.
È noto,
sopratutto da esperimenti condotti in vitro, che il loro
effetto immuno-adiuvante è associato con l'induzione di risposte
Th2, ma i meccanismi alla base di questo effetto restano
sconosciuti.
In realtà Li H. et al (2007), in esperimenti in vitro,
hanno dimostrato come l'idrossido di alluminio è capace di
evocare sia la risposta di tipo Th1 (coinvolta nelle malattie
autoimmuni) che Th2 (coinvolta nelle allergie), e questo dipende
dal microambiente in cui viene stimolata la risposta
immunitaria. L'idrossido di alluminio sembra stimolare
l'attivazione a cascata delle caspasi, quindi dell'infiammosoma,
in particolare della caspasi 1; tale proteina è capace di
permettere il rilascio delle interleuchine IL1 ed IL18: IL 1
attiva i linfociti Thelper, in particolar modo i linfociti Th2,
aumentando la produzione di anticorpi. IL 18 attiva cellule
diverse in funzione del microambiente in cui si trova:
- se c'è IL12 attiva la risposta di tipo Th1
- se non c'é IL12 attiva la risposta Th2
E i meccanismi alla base di questi effetti
(per altro sempre in vitro) restano sconosciuti,
nonostante l'infiammosoma è correlato con i danni al sistema
nervoso centrale (Bhat and Steinman, 2012)
L'unica
cosa chiara (dimostrata anche per le cellule dendritiche, le
principali APC dell'organismo) è che il tipo di risposta
immunitaria dipende da 2 fattori in particolare:
- TIPO di
Patogeno
che stimola la risposta immunitaria (normalmente tutti i virus,
ad eccezione dell'HIV, Influenza e Morbillo, aumentano la
quantità di IL12 stimolando la risposta di tipo Th1)
-
TIPO di
Ambiente del Sistema Immunitario,
cioè il microambiente del singolo individuo in cui avviene la
risposta immunologica, definito dalla presenza di interleuchine
proinfiammatorie (risposta Th1) ed antinfiammatorie (Th2). Un
esempio del microambiente è proprio quello del lattante: per
evitare l’azione di rigetto del feto, il sistema immunitario
della madre è sbilanciato verso una risposta di tipo Th2, quindi
il bambino nasce con un "imprinting" Th2. Dopo la nascita, il
sistema immunitario dei lattanti viene stimolato dal latte
materno a sviluppare anche le risposte di tipo Th1, man mano che
il sistema immunitario della mamma raggiunge un equilibrio. Alla
nascita il bambino è quindi quasi incapace di sviluppare
risposte immunitarie di tipo Th1 ed il suo sistema immunitario
raggiunge la maturazione attraverso gli stimoli del latte
materno all'inizio e dall'ambiente in cui vive. Il tipo di
microambiente individuale dipenderà comunque dalle
caratteristiche genetiche dell'individuo (geni dell'HLA, geni
KIR, delle molecole coinvolte nell'infiammazione) che potrà
sbilanciare la sua risposta immunitaria verso Th1, Th2 o Th17.
Altri studi sull’alluminio, presente come adiuvante nei vaccini,
dimostrano che:
- il vaccino per la malattia di Lyme è in grado di innescare
l'artrite nei criceti geneticamente predisposti; il
100% dei criceti ha sviluppato l'artrite (l'alluminio è un
potente adiuvante e aumenta l'espressione dell'MHC )
- si sviluppano malattie infiammatorie articolari e artrite
reumatoide in risposta ai vaccini contro l'epatite A e B; è
importante il sottotipo HLA dei soggetti.
- anche il thimerosal induce una sindrome autoimmune in topi
transgenici HLA-DR4, con una predisposizione genetica per la
malattia autoimmune. Sono stati osservati gravi disturbi
comportamentali e neuropatologici, non riscontrati in ceppi di
topi che non avevano la predisposizione autoimmune.
In modo
più specifico, è stato valutato
se l'esposizione
all’alluminio dei vaccini
potrebbe contribuire
all'aumento della prevalenza
ASD, infatti i
risultati mostrano che:
- bambini
provenienti da paesi con
la più alta prevalenza
ASD sembrano avere
la maggiore esposizione all’alluminio
contenuto nei vaccini
- esiste
una correlazione significativa
tra quantità di
Alluminio somministrato ai
bambini in età prescolare,
in particolare a 3-4
mesi di età, e la prevalenza
attuale di ASD
in sette paesi
occidentali.
- l'applicazione dei criteri
di Hill's indica che
la correlazione tra Alluminio dei
vaccini e ASD
può essere causale,
poiché i bambini rappresentano la
popolazione più a rischio di
complicanze a seguito dell’esposizione
all’alluminio, è urgente
una valutazione più
rigorosa della sicurezza di
questi adiuvanti.
Sono state
analizzate anche
le manifestazioni
cliniche di pazienti con diagnosi di
patologia immune
/ autoimmune,
dopo vaccinazione contro l'epatite B,
cercando di trovare i denominatori comuni
per tutti i pazienti,
indipendentemente dalle malattie
diagnosticate, e la
correlazione ai
criteri di
sindrome autoimmune indotta da
adiuvanti (ASIA).
(1) Caratteristiche cliniche comuni sono state osservate tra i
93 pazienti con diagnosi di condizione immuno-mediata dopo
vaccinazione contro HBV, suggerendo un comune denominatore in
queste malattie. Inoltre, i fattori di rischio rinvenibili
all’anamnesi, come una storia di malattie autoimmuni e la
comparsa di eventi avversi durante immunizzazione, possono
servire per prevedere il rischio di malattie
post-immunizzazione.
In
conclusione, è noto che gli stimoli
immunitari, compresi quelli
indotti dal vaccino,
possono portare ad alterazioni
permanenti del
cervello e della funzione immunitaria
in tenera età. Evidenze sperimentali
mostrano che la contemporanea
somministrazione di
due o tre adiuvanti
può superare la resistenza
genetica alle
malattie autoimmuni. Per quanto riguarda i vaccini
bisogna aggiungere la variabile tossica legata alla presenza di
alluminio (senza il quale il vaccino non scatenerebbe la
risposta immunitaria). Secondo la Food and Drug Administration
Americana, spesso non viene fatta una appropriata valutazione
sulla sicurezza dei vaccini, perché non sono stati considerati
intrinsecamente tossici.
Nel
valutare
la tossicità degli
adiuvanti nei bambini,
dovrebbero essere considerati alcuni aspetti
importanti:
- i neonati
e i bambini
non dovrebbero essere considerati
"piccoli adulti" per quanto riguarda
il rischio
tossicologico, perché la loro
fisiologia li rende
molto più vulnerabili
agli insulti tossici
- negli
adulti gli adiuvanti contenenti alluminio
sono stati collegati a
malattie autoimmuni
ed infiammatori; nonostante ciò i
bambini sono regolarmente
esposti a quantità
molto elevate di alluminio in un
periodo in cui il loro sistema immunitario non è perfettamente
competente
-
si da per
scontato che le risposte
immunitarie
periferiche non influenzano
le funzioni cerebrali, è invece certo che
c’è un “cross-talk” neuro-immune
bidirezionale cruciale. Queste perturbazioni
dell’asse neuro-immune
sono state dimostrate
in diverse malattie autoimmuni, e si
ipotizza che siano causate da una
abnorme risposta immunitaria
-
si
dovrebbe tener conto della variabilità genetica del bambino,
utilizzando geni marcatori di predisposizione
- si
dovrebbe tener conto delle condizioni ambientali del bambino, ad
esempio il tipo di nascita (cesareo o naturale), l'allattamento
materno, la presenza in famiglia di familiari di primo e secondo
grado affetti da malattie autoimmuni, allergie e malattie
neuropsichiatriche
La ricerca
dimostra che la
crescente preoccupazione riguardante le
vaccinazioni, è giustificata.
È evidente il ruolo dei metalli tossici anche in altre patologie
emergenti quindi sarebbe auspicabile una maggiore attenzione nei
confronti di questo problema da parte di tutti.
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Linkografia:
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http://www.iarc.fr/
- International Union of Pure and Applied Chemistry -
http://www.iupac.org/